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La moda di lusso: tra beneficenza e sfruttamento, il yin e yang del fashion

Come appassionata di moda, mi sono sempre chiesta: cosa c'è dietro quei meravigliosi capi di lusso che vediamo sfilare sulle passerelle di Parigi, Milano e New York? Di recente, mi sono immersa in un lato meno conosciuto del mondo del fashion: da un lato il loro impegno per cause umanitarie, dall’altro, pratiche produttive discutibili nei paesi in via di sviluppo. In questo articolo esplorerò questa doppia faccia del lusso: come le grandi marche aiutano, e come possono anche danneggiare. Preparati a scoprire il yin e yang del fashion di lusso.


Lato luminoso: quando le case di moda salvano il mondo 🌍

Negli ultimi anni, i brand di lusso hanno fatto importanti passi verso la sostenibilità e il supporto di cause umanitarie. Marchi come Gucci, Louis Vuitton, e Chanel stanno collaborando con organizzazioni globali per migliorare le condizioni di vita nei paesi in via di sviluppo e nelle zone di guerra.


Ad esempio, Louis Vuitton, in collaborazione con UNICEF, ha raccolto milioni di dollari per aiutare i bambini in situazioni di crisi. Solo nel 2022, questo impegno è stato amplificato con donazioni per sostenere le vittime della guerra in Ucraina e per altre emergenze umanitarie. Gucci, dal canto suo, con la campagna Chime for Change ha sostenuto oltre 400 progetti in 89 paesi, migliorando la vita di centinaia di migliaia di donne​.


Anche in termini di sostenibilità, molte di queste aziende stanno adottando modelli di produzione più eco-friendly, utilizzando materiali riciclati e riducendo gli sprechi. Tuttavia, questo lato brillante del lusso nasconde un lato oscuro che non possiamo ignorare.


Dietro le quinte: lo sfruttamento nascosto nelle filiere 💰

È qui che la mia passione per il fashion incontra un lato decisamente meno glamour. Molti dei marchi che sostengono cause nobili sono anche accusati di sfruttamento del lavoro nei paesi poveri, dove le loro fabbriche producono beni a costi bassissimi, approfittando di una manodopera sottopagata.


Nel Bangladesh, i lavoratori tessili guadagnano una miseria: circa 100 dollari al mese per produrre capi che vengono venduti a migliaia di euro nelle boutique di lusso. Molte aziende del lusso, come Prada e Burberry, si affidano a catene di fornitura opache, dove violazioni dei diritti umani sono ancora all’ordine del giorno​.


Questo lato del lusso è difficile da digerire per chi, come me, ama la moda ma cerca anche l’etica.


Il dilemma della moda di lusso: come bilanciare filantropia e profitto ⚖️

Questa dualità della moda di lusso solleva una domanda difficile: può un brand davvero essere etico mentre sfrutta manodopera a basso costo per massimizzare i profitti? Da un lato, l’impegno delle aziende verso la sostenibilità e l'aiuto umanitario è reale e ha già prodotto risultati concreti. Dall'altro, la delocalizzazione in paesi con manodopera economica mina profondamente questi sforzi.


La realtà è che non possiamo chiudere gli occhi di fronte a questa contraddizione. La moda ha il potere di cambiare il mondo in meglio, ma solo se riesce a conciliare filantropia e sostenibilità con una produzione giusta e trasparente.


Conclusione: moda e giustizia sociale, è possibile?


Mentre ci godiamo le nuove collezioni e ci lasciamo ispirare dalle grandi firme, dobbiamo ricordare che la moda non è solo bellezza esteriore. Deve essere anche un veicolo di cambiamento positivo, sia per l’ambiente che per le persone. Non basta sostenere iniziative benefiche e parlare di sostenibilità: è necessario un impegno concreto per migliorare le condizioni di lavoro in tutte le fasi della produzione.

Spero che questo articolo ti abbia aiutato a riflettere su come possiamo amare la moda di lusso e, allo stesso tempo, chiederle di fare di più. Perché la vera eleganza non è solo nello stile, ma anche nella sostanza.

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