Il Grande Inganno del Fast Fashion: Come i Vestiti Donati Avvelenano il Terzo Mondo
- WomynTales
- 18 ott 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 19 ott 2024
Mi sono sempre chiesta: dove finiscono realmente i vestiti che doniamo? Crescendo, pensavo che inviare i nostri abiti usati ai Paesi del terzo mondo fosse un atto di generosità, un modo per aiutare chi è meno fortunato. Ma la realtà che ho scoperto è scioccante e profondamente ipocrita. Quello che consideriamo un gesto di carità non è altro che un modo per liberarsi della nostra spazzatura e perpetuare una forma moderna di sfruttamento e inquinamento.
Quello che ci raccontano è una menzogna. Il 70% dei vestiti donati ai Paesi poveri non sono un dono, ma scarti di bassa qualità, pieni di materiali sintetici che non si decompongono. Mentre noi puliamo i nostri armadi, distruggiamo le economie locali e costringiamo i lavoratori a condizioni disumane. Pensateci: uomini e donne, pagati pochi centesimi all'ora, sono costretti a smaltire tonnellate di tessuti tossici, senza alcuna protezione, compromettendo la loro salute.
Ma il disastro non finisce qui. Solo il 10-20% di questi abiti viene riutilizzato, il resto finisce nelle discariche. Poliestere, nylon e altre fibre sintetiche impiegano centinaia di anni a decomporsi, contaminando il suolo e le falde acquifere. Le città di Paesi come il Ghana e il Kenya stanno letteralmente annegando sotto il peso di questi rifiuti tossici, creati dal nostro insaziabile consumismo.
Non siamo di fronte a un atto di carità, ma a una nuova forma di colonialismo tessile. Stiamo sfruttando i Paesi più poveri per nascondere il problema dei nostri rifiuti, soffocando le loro economie e avvelenando il loro ambiente. È tempo di fermare questo circolo vizioso. Riduciamo la produzione, promuoviamo il riuso locale e smettiamo di trattare il terzo mondo come la discarica del nostro stile di vita.
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