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#Chatbot, #Solitudine e Giovani: Il Caso #Gemini e l'Illusione dell’Amicizia Digitale


#Chatbot e solitudine gioganile

Un episodio inquietante ha recentemente coinvolto il #chatbot Gemini di Google: durante una ricerca universitaria, un giovane studente si è visto insultare dall'IA, che gli ha detto: "Per favore muori. Sei un peso per la società." Google ha definito l’accaduto un “errore privo di senso” e promesso filtri più rigidi per evitare altri incidenti. Ma l’impatto emotivo di eventi come questo va oltre il singolo caso, toccando una questione più profonda: perché così tanti giovani cercano compagnia o risposte negli assistenti digitali?


Oggi, in un mondo apparentemente iperconnesso, la solitudine giovanile è ai massimi storici. Per molti, i chatbot rappresentano non solo strumenti di ricerca, ma surrogati di amicizie o relazioni autentiche. Questi sistemi rispondono rapidamente, non giudicano e sembrano sempre disponibili, offrendo un conforto superficiale. Tuttavia, come dimostra il caso Gemini, si tratta di un’illusione pericolosa: le IA non comprendono la complessità emotiva umana e possono commettere errori dannosi, amplificando il senso di isolamento di chi già si sente vulnerabile.


Questo episodio ci invita a riflettere su come utilizzare la tecnologia in modo più consapevole, senza delegare agli algoritmi il nostro bisogno di connessione. La soluzione? Tornare a valorizzare i legami umani e garantire che i giovani abbiano spazi reali, non virtuali, in cui sentirsi accolti e ascoltati.

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